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Orsomarso

    Orsomarso, situato tra le maestose montagne della Calabria meridionale, in Provincia di Cosenza, è un gioiello nascosto che incanta i visitatori con la sua bellezza naturale e il fascino storico.
    Abbarbicato sulle pendici del Parco Nazionale del Pollino, offre un’esperienza indimenticabile per gli amanti della natura e gli appassionati di storia.
    Il suo cuore è l’affascinante centro storico, un labirinto di stretti vicoli lastricati e antiche case in pietra che raccontano storie di secoli passati. Qui, i visitatori possono passeggiare tra i caratteristici edifici medievali, ammirare le chiese secolari e immergersi nell’autentica atmosfera del sud Italia. Bellissima da visitare è la Chiesa di San Salvatore, imponente nella struttura, di cui si scopre tutta la bellezza guardandola da Piazza Moro. La chiesa, a navata unica, presenta copertura a doppio spiovente e doppio ingresso. All’interno il presbiterio è posto in cima ad una pregevole scalinata in pietra locale. Il
    campanile, uno dei monumenti più belli di Orsomarso, di chiara fattezza medievale, si presenta quale sovrapposizione di numerose forme geometriche: quadrato alla base, ottagonale al primo livello, cilindrico al vano campane e semisferico in cima.
    Interessante è anche il Palazzo Baronale, risalente ad epoca medievale, un tempo sede di un certo Stefano, insignito del titolo di barone di Ursumartio. Questi appose il proprio signum manus in un processo che si celebrò a Scalea, nel luglio del 1152, in merito ad una controversia tra l’abate dell’Abbazia Benedettina di S. Maria della Matina, nei pressi della cittadina di San Marco Argentano e il prete Pietro da Mercurio, a causa della proprietà di una vigna posta in località Charitus, oggi identificata con località “Garritu” di Orsomarso.
    Gli amanti della natura troveranno un paradiso incontaminato nelle vicinanze. Le maestose cime del Parco Nazionale del Pollino offrono una vasta rete di sentieri escursionistici che conducono a panorami mozzafiato, cascate cristalline e ricca fauna selvatica. Gli escursionisti più avventurosi possono intraprendere sfide come l’ascensione al Monte Pollino, la cima più alta della catena montuosa dell’Appennino meridionale. Per chi cerca relax e tranquillità, Orsomarso offre anche la possibilità di rilassarsi sulle sue splendide spiagge sabbiose lungo la costa tirrenica, raggiungibili con un breve tragitto in auto. Qui, i visitatori possono prendere il sole, fare un tuffo nelle acque cristalline del Mar Tirreno e godersi le viste mozzafiato delle scogliere costiere.
    Da mangiare sono le animelle, carne di pecora che è possibile assaporare in diverse salse e ricette tutte tipiche di queste terre.

    PUNTI D’INTERESSE

    Monumento ai Caduti
    La scultura situata al centro dello spazio riqualificato di Piazza A. Moro, realizzata dall’Amministrazione Comunale durante gli anni 1987-1988, rappresenta il mondo, una sfera sezionata in cinque elementi ognuno di essi un continente, la divisione dei popoli causata dalle guerre che coinvolsero tutte le nazioni. Nell’anno 2016, l’Amministrazione Comunale ha riqualificato ulteriormente lo spazio, arricchendo la scultura con tesserine di mosaico, a cura dell’artista Fulvio Longo e realizzando un’area giochi dedicata ai bambini con disturbi pervasivi dello sviluppo. Alle spalle del monumento, un arco caratterizzato dal lento defluire dell’acqua, simbolo di continuazione della vita, a ricordare il sacrificio di chi è morto per difendere la propria terra.

    Chiesa del SS. Salvatore
    Imponente nella struttura, si scopre tutta la sua bellezza guardandola da piazza Moro o dal sottostante letto del Porta la Terra. La chiesa, a navata unica, presenta copertura a doppio spiovente e doppio ingresso. All’interno il presbiterio è posto in cima ad una pregevole scalinata in pietra locale. Il campanile, uno dei monumenti più belli di Orsomarso, di chiara fattezza medievale, si presenta quale sovrapposizione di numerose forme geometriche: quadrato alla base, ottagonale al primo livello, cilindrico al vano campane e semisferico in cima. Qui l’Eparchia Monastica del Mercurion ha lasciato una delle sue testimonianze artistiche più belle: un portale lapideo romanico dell’XI secolo. Frammenti sono visibili sulla porta d’ingresso della sacrestia: un’elegante colonnina tortile e un capitello decorato con foglie di edera a sbalzo. Interessante è la presenza, sotto il pavimento, di ambienti naturali, simili a grotte, osservabili in foto d’epoca. È noto che le chiese del Mercurion sono tutte nate nei pressi di grotte, dove i monaci vivevano da eremiti. Intorno a queste grotte potrebbe essersi sviluppato il primo nucleo costruttivo, su cui oggi sorge la chiesa.

    Cenni Storici
    Orsomarso, bagnata dalle limpide acque dell’Argentino, posta a 120 mt. S.l.m., ha origini di epoca greco-romana come fortezza militare (Kastron) posta a difesa di una delle più importanti vie di comunicazione tra mar Ionio e mar Tirreno. Le sue origini rimandano all’antica colonia achea “Abystron”. L’origine del nome Orsomarso risalirebbe ad epoca bizantina, per l’esistenza di un funzionario imperiale di nome Oursos Marsos. Nella prima metà dell’XI secolo, si costituiva l’abitato di Orsomarso. Esso assunse grande rinomanza in epoca medievale, per aver ospitato molti monaci italo-greci, a cui si deve la nascita e l’affermazione di una famosa eparchia monastica. Il comune rientra nel perimetro del Parco Nazionale del Pollino e dà il nome alla catena montuosa dell’Orsomarso. Il complesso montuoso, che con la sua cima più elevata (il Cozzo del Pellegrino, mt. 1987 s.l.m.) sfiora i 2000 metri, è stato accostato al Massiccio del Pollino per alcune analogie che ne attestano l’unicità rispetto a montagne vicine. Tra queste, la più evidente è costituita dall’esistenza del Pino Loricato che, con la sua esclusiva presenza, caratterizza il Parco di cui fa parte. Il comune è sede della Riserva Naturale Orientata Valle del fiume Argentino e costituisce il punto di partenza ideale per molti itinerari escursionistici, con aree naturali adatte al picnic. Tra questi si segnalano l’affascinante trekking lungo le gole del fiume Argentino e le emozionanti discese in canoa e del rafting lungo le rapide del vicino fiume Lao. All’imbocco della valle, l’Armolungo, una falesia tra le più conosciute della regione.

    Chiesa di S. Leonardo
    A navata unica, già parte integrante del cenobio italo-greco del X secolo, ai cui resti si addossa con il suo lato destro, la chiesetta presenta un’interessante anomalia nel suo sviluppo. A metà circa dei suoi lati lunghi tronca la sua estensione lineare, cambiando orientamento e determinando un diverso sviluppo dei muri perimetrali. È il risultato dell’ampliamento della primordiale struttura bizantina operato nel sec. XVII, la quale inglobava l’area tuttora visibile dei “subsellia”, sedili in muratura costruiti intorno alle pareti, sui quali prendevano posto i monaci durante la preghiera e le celebrazioni liturgiche. La facciata, rivolta ad Ovest, presenta sul portone di ingresso una piccola nicchia, in cui sono distinguibili le tracce di un affresco raffigurante una Madonna con Bambino. L’area più recente è contraddistinta da altari in pietra e malta, sormontati da affreschi del XVII secolo. Il peso del tempo e la forza distruttrice delle intemperie ne hanno messo a rischio la sopravvivenza. Uno di questi affreschi è ancora visibile e raffigura la Deposizione dalla Croce, una scena di grande pathos in cui il Cristo morto è contornato da Giuseppe di Arimatea, da San Giovanni, dalla Madre e da Maria di Magdala. Per un destino simile alla chiesetta di Santa Maria di Mercuri, l’abside, caratteristica e vanto del luogo sacro, è stata ridotta a semplice nicchia per ospitarvi la statua di San Leonardo. Tra la parete di sinistra e quella absidale compaiono due affreschi riproducenti un non identificato santo abate o vescovo e San Fantino Juniore, igumeno e capo spirituale dell’eparchia monastica del Mercurion del X secolo con iscrizione A. D. CCCC XI (1441). L’attuale intitolazione della chiesa si volle per venerare San Leonardo di Noblat, nobile merovingio vissuto in Gallia tra V e VI secolo, il cui culto fu importato nell’Italia meridionale dai Normanni.

    Chiesa di Cosma e Damiano
    La piccola, ma graziosa cappella dei SS. Cosma e Damiano è situata all’estremo lembo abitato di via Santa Croce, a ridosso dello sperone roccioso denominato Armo Licani. Rupestre, con una splendida veduta sulla valle del fiume Argentino, presenta una pianta inusuale. Il suo corpus principale è costituito da due ambienti contigui separati da un ampio arco a tutto sesto e posizionati sulla direttrice Est-Ovest, compatibile con l’orientamento a levante di quella che si pensa fosse un’abside, di cui, però, allo stato attuale, non si trova traccia. Il muro di fondo, infatti, appare senza alcuna cavità e senza alcun altare. In compenso, sulla parete campeggia un apprezzabile affresco del XVIII secolo. Presenta due vani finestrati, che confluiscono lateralmente sui due ambienti principali. Adibiti attualmente a sacrestia e a cappellina per ospitare le statue più recenti dei santi martiri Cosma e Damiano, questi ambienti danno l’idea di aver fatto parte, un tempo, di un complesso monastico rupestre, che doveva inglobare anche le piccole case vicine, attualmente adibite a civili abitazioni

    Chiesa di S. Giovanni Battista
    La chiesa è addossata al campanile, che un tempo era una torre urbica, attraverso la quale passava la porta di accesso al primo borgo medievale. A vederla dal fiume Argentino svetta sulle case che la circondano, manifestando tutta la specificità di chiesa rupestre. L’attuale impianto barocco della chiesa non ingloba nulla della prima costruzione in stile romanico, anzi si sovrappone ad essa, evitando che alcuna parete del primo combaci con la seconda. La chiesetta originaria sorgeva nella piazza ai piedi del castello, su cui si affacciavano le prime abitazioni, nate negli spazi vuoti tra i monasteri, che erano comparsi intorno alla rocca tra il IX e il X secolo. Di questo primo impianto sopravvive la parete di destra, che abbondava di monofore e di affreschi. Entrando nell’attuale sagrestia se ne ammirano due di rara bellezza. Il primo ha le fattezze di una Madonna dai capelli biondi e lunghi, assisa in trono e contornata da due angeli reggicortina, secondo gli schemi classici della Basilissa (Madonna Regina). Tuttavia, la presenza nella mano sinistra di un vaso dalla forma allungata, simile ad una pisside, induce a pensare che si tratti della raffigurazione di Santa Sofia, che conserva nel vaso la sophia, la sapienza. Sulla medesima parete si trovano altri due affreschi: la raffigurazione della Madonna del Soccorso, dai tratti somatici vagamente orientali, come gli occhi a mandorla, e quella di un Santo martire, racchiuso in una larga fascia rosso scura, il cui nome, in caratteri bizantini tardi, è talmente danneggiato da comprometterne la lettura. Sulla volta a crociera e sulle pareti del presbiterio si ammirano affreschi di buona fattura eseguiti intorno alla metà del XVII secolo dal pittore orsomarsese, Giovan Battista Colimodio. Notevoli anche le tele della stessa epoca raffiguranti la Sacra Famiglia, la visita di Giovanni ed Elisabetta al piccolo Gesù e Maria, Santa Lucia, Sant’Agata e Gesù in trono.

    Palazzo Baronale
    Il palazzo baronale di Orsomarso, che fa da proscenio all’antistante Piazza Municipio, risale ad epoca medievale ed è stato sede di un certo Stefano, insignito del titolo di barone di Ursumartio. Questi appose il proprio signum manus in un processo che si celebrò a Scalea, nel luglio del 1152, in merito ad una controversia tra l’abate dell’Abbazia Benedettina di S. Maria della Matina, nei pressi della cittadina di San Marco Argentano e il prete Pietro da Mercurio, a causa della proprietà di una vigna posta in località Charitus, oggi identificata con località “Garritu” di Orsomarso. Di notevole interesse l’imponente portale bugnato in pietra locale, attraverso il quale si accede al cortile e, da qui, alla stradina che porta alla Torre dell’Orologio. Fino agli anni ’60 sul lato destro della facciata del palazzo, al di sopra del tetto, svettava un incantevole loggiato rettangolare composto da ben cinque finestroni ad arco a tutto sesto sui lati lunghi e tre su quelli corti.

    Torre dell’Orologio
    All’epoca dell’Eparchia mercuriense un monastero sormontava la rocca dove oggi troneggia la Torre dell’Orologio di Orsomarso. Il monastero, che ricorda le Meteore, è abbarbicato sulla roccia più alta e imponente. Una volta era una fortificazione longobarda, ma le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Fu roccaforte romana o addirittura greca e rivestiva un ruolo di vedetta, oltre che di difesa presso la confluenza dei fiumi Argentino e Porta la Terra. A seguito della riconquista bizantina della Calabria settentrionale (885 d.C.) la roccaforte longobarda ospitò una comunità di monaci italo-greci, che costituirono il cenobio denominato di Castello o del Castellano, citato in alcuni testi agiografici. Fu intorno a questo monastero che si sviluppò il primo nucleo abitativo di Orsomarso (sec. XI d.C.). Sulle strette e ripide scale che portano alla sommità della rocca compare, addossato alla roccia, un robusto muro di pietra e malta che, un tempo, costituiva la parete interna di una sala del monastero. Completamente esposta alle intemperie, essa vede sfumare ogni giorno i suoi antichi affreschi, che mille anni fa erano motivo di vanto e facevano di quell’ambiente il luogo più bello e più ambito dell’intero complesso monasteriale. Continuando a salire si ha modo di osservare alcune monofore, che se da un lato fanno pensare a delle feritoie per la difesa militare, dall’altro, per la somiglianza con le finestrelle monoforate delle chiese di San Leonardo, Santa Maria di Mercuri e della parrocchiale di San Giovanni Battista, riconducono ad un modello architettonico bizantino frequentissimo nelle costruzioni sacre del territorio. Tra tutti i luoghi del Mercurion, questo è quello che meglio conserva l’aspetto di difesa e lascia intravedere una vocazione per la contemplazione.

    La statua della Madonna di Lourdes
    Realizzata con pietra speciale dei monti iberici, dallo scultore Plinio Frigo di Vicenza, fu posta all’interno della grotta naturale, da parte dell’Amministrazione Comunale di Orsomarso, durante il mese di ottobre del 1958, su opportuno suggerimento dell’allora Vescovo di Cassano all’Ionio, Monsignor Raffaele Barbieri, a ricordo del centenario delle apparizioni di Lourdes. Per poter posizionare la statua alta circa 3 metri e con un peso di 15 quintali, si è dovuto ricorrere alla costruzione di un braccio di linea teleferica lungo 200 metri, messo su dal veneto Vittorio Paulon, della ditta Argentino, che si avvalse della collaborazione di una decina dei suoi migliori operai veneti e orsomarsesi, con cui si collegò la grotta con il Corso Vittorio Emanuele. La grotta della Madonna di Lourdes, è un elemento tra i più caratteristici di Orsomarso ed è meta di migliaia di turisti l’anno.

    Monumento Marco da Paz
    Monumento simbolo della pace e della fratellanza fra i popoli, è stato ideato e promosso in tutto il mondo da Luigi Gaetano Brancati. Nativo di Orsomarso, nel 1949, quando aveva appena dodici anni, emigrò nell’America del Sud insieme al resto della sua famiglia, per cercare fortuna: prima in Argentina e poi in Brasile, dove attualmente vive. Questa particolare iniziativa è portata avanti da diversi anni ed è stata già realizzata in numerose città sparse nel mondo (dal Brasile, da dove ha preso il suo avvio, al Giappone, Cina, Messico, Argentina, Uruguay, Costarica, ecc.), mentre in Italia questo simbolo della pace fra i popoli è ospitato ad Assisi. La proposta, di accogliere l’importante monumento a Orsomarso è stata fortemente sollecitata e voluta dal suo ideatore, per il profondo legame che lo unisce al suo paese nativo e dall’organizzazione internazionale che fa capo all’Associazione Commerciale di San Paolo in Brasile. Il simbolo del “Marco da Paz’’ è così composto: la colomba, che rappresenta l’annuncio della pace; la campana, che rappresenta la musica della pace; l’arco, che significa il momento di passaggio verso un mondo nuovo; i continenti che simboleggiano la fratellanza tra i popoli.

    La Valle dell’Argentino
    Riconosciuta “Sito di interesse comunitario”, nel 1987 fu istituita Riserva Naturale Orientata “Valle del Fiume Argentino”. Oggi fa parte del Parco Nazionale del Pollino ed è uno dei Geositi dell’UNESCO Geoparco Mondiale del Pollino. Solcata dal fiume Argentino, incontaminata e ricca di specie vegetali e animali, la Valle presenta suggestive gole e strapiombi. Spettacolari le forme di erosione lungo i versanti, con autentiche morfosculture. Grotte, fenomeni carsici, frane e crolli si susseguono lungo tutta la vallata, creando un ambiente eccezionale e una delle più importanti aree wilderness del Sud. Il microclima umido favorisce le piante rare, prima fra tutte una felce tropicale, oltre una varietà di erbe officinali, fiori e delicatissime orchidee. La Valle ospita il Pino Loricato, vero gioiello del Parco. Nel suo territorio è presente il lupo appenninico, l’aquila reale, la lontra, il tasso, il picchio nero, il falco pellegrino, il gufo reale e il corvo imperiale. La Valle costituisce il tratto più importante della via che congiungeva la costa ionica a quella tirrenica, principalmente la città di Sibari a Laos. Sulla via non transitavano solo prodotti agricoli destinati all’esportazione, come il vino e l’olio, ma anche metalli e minerali come il sale. A partire dall’epoca barbarica e fino agli inizi dell’XI secolo, monaci siriaci, greci, italo-greci, palestinesi e balcanici, raggiungevano la famosa regione monastica del Mercurion attraversando la Valle, dove, nel frattempo, erano stati edificati castelli e monasteri. All’interno o al di sopra della Valle si ergevano maestosi castelli, citati nella Vita di San Nilo di Rossano e di San Saba di Collesano. La Valle ha conservato nei secoli la vocazione di direttrice viaria per flussi umani e traffici commerciali, fino alla prima metà del XX secolo, quando divenne meta per immigrati chiamati a eseguire il trasporto di legname proveniente dal taglio dei boschi che ricoprivano le sue montagne. Un fenomeno di immigrazione alla rovescia: dal Nord verso il Sud. La Valle è stata interessata da interventi strutturali (ponticelli in legno, segnaletica) e didattici (allestimento di un orto botanico e di piante officinali), con una riqualificazione dei sentieri, che consentono di effettuare numerose escursioni impegnative o rilassanti passeggiate tra la natura.

    Convento Francescano
    La valle dove oggi si trova Orsomarso un tempo appariva simile a un prato concavo, in mezzo al quale svettavano, come immensi funghi di pietra, rocce sormontate da chiese, eremi e monasteri. Tra i monasteri che sorgevano ai piedi della grotta-santuario di San Michele ve ne era uno sullo sperone roccioso che sormonta la confluenza dei fiumi Argentino e Porta La Terra, ai piedi della piccola rupe che porta l’originale nome di “Monte Prucchio”, lì dove, oggi, si trova il convento cappuccino di San Francesco. A pianta quadrangolare, l’attuale convento si sviluppa su due piani, eccetto sul lato sinistro, dove, invece, si trova la piccola chiesa, anch’essa intitolata a San Francesco. Sulla facciata di quest’ultima si apre un piccolo rosone, ora ridotto a finestra tonda vetrata, mentre sulla cornice a dentello, che delimita il tetto, si erge un grazioso campaniletto a vela. Al suo interno, sulla sinistra, si apre una piccola stanza, nella quale è custodita la statua del Cristo alla colonna. Il presbiterio è delimitato da un grande arco a tutto sesto. Al centro delle fabbriche conventuali un chiostro con pozzo composto da una serie di eleganti archeggi. Fino alla fine degli anni ’70 era facile individuare i resti dell’antico cenobio basiliano del IX-X secolo su cui fu edificato il convento del 1600. Prima della costruzione della sede comunale, infatti, erano ancora in piedi delle antiche fabbriche racchiuse in una cinta muraria, in mezzo alla quale svettava un corpo avanzato, forse una torre, che si affacciava sul fiume Argentino. Tuttora, dal sottostante letto del fiume è possibile apprezzare le eleganti forme di due monofore con arco a tutto sesto.

    Per maggiori informazioni Associazione PRO LOCO – Associazione Peonia Peregrina

    TAPPE

    28 SAN SEVERINO LUCANO – ORSOMARSO

    29 ORSOMARSO – SANT’AGATA DI ESARO 

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